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Separazione

Diritto di Famiglia

L'avv. Anna Russo presta la propria attività nei procedimenti di Separazione consensuale ex art. 158 c.c. - Separazione giudiziale ex art. 151 c.c. – Mantenimento - Affidamento dei figliCasa familiare

La
separazione personale dei coniugi non pone fine al matrimonio, né fa venir meno lo status giuridico di coniuge. Incide solo su alcuni effetti propri del matrimonio (si scioglie la comunione legale dei beni, cessano gli obblighi di fedeltà e di coabitazione). Altri effetti, invece, residuano, ma sono limitati o disciplinati in modo specifico (dovere di contribuire nell'interesse della famiglia, dovere di mantenere il coniuge più debole e dovere di mantenere, educare ed istruire la prole).

Diversamente dal passato, oggi la separazione può essere dichiarata per cause oggettive, cioè indipendentemente dalla colpa di uno dei due coniugi. È possibile quindi che i coniugi si separino per tutti quei fatti che "
rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza o recano grave pregiudizio all'educazione della prole" (art. 151, 1°co. c.c.).

La separazione, a differenza del
divorzio, ha inoltre carattere transitorio, tanto che è possibile riconciliarsi, senza alcuna formalità, facendo cessare gli effetti prodotti dalla stessa (art. 154 c.c.).

Può accadere che i coniugi decidano di interrompere la convivenza senza formalità (senza quindi fare ricorso ad un giudice), ponendo in essere la cosiddetta
separazione di fatto, (marito e moglie vivono insieme o in dimore diverse, ma ognuno per conto proprio, disinteressandosi dell'altro). La separazione di fatto non produce alcun effetto sul piano giuridico, né è sufficiente a far decorrere il termine di tre anni per addivenire al divorzio. Inoltre, sebbene la separazione di fatto non sia sanzionata da alcun provvedimento dell'autorità giudiziaria, l'allontanamento di uno dei due coniugi dall'abitazione familiare o l'instaurazione di relazioni extra-coniugali potrebbero essere motivo di addebito della separazione nel caso di separazione giudiziale.


La separazione legale dei coniugi può essere
consensuale o giudiziale.

Si parla di separazione consensuale allorquando i coniugi decidono di comune accordo di separarsi e si accordano sui diritti patrimoniali, sul mantenimento del coniuge debole, sui diritti di visita e mantenimento della prole, sull’assegnazione della casa coniugale.
Il ricorso per la separazione consensuale verrà depositato congiuntamente in Tribunale.
All'udienza che sarà fissata dinanzi al Presidente del Tribunale,
i coniugi devono comparire personalmente per il tentativo obbligatorio di conciliazione. Il Presidente del Tribunale può adottare gli eventuali provvedimenti che riterrà necessari ed urgenti ed è da questa data che decorre il termine di tre anni per poter richiedere il divorzio.
Successivamente, se gli accordi sono ritenuti equi e non pregiudizievoli per i coniugi e soprattutto per la prole, il Tribunale omologa le condizioni della separazione disponendo la separazione personale dei coniugi con il decreto di omologa.
Le condizioni stabilite in sede di separazione consensuale potranno comunque essere modificate o revocate qualora intervengano fatti nuovi che mutano la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

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Al contrario si ricorre alla separazione giudiziale quando non vi sia accordo tra i coniugi.
Il ricorso per la separazione giudiziale viene depositato in Tribunale da uno dei due coniugi
.
La prima udienza del giudizio prevede la comparizione personale dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale ed avviene con le stesse modalità della separazione consensuale. Anche per il caso di separazione giudiziale, il Presidente del Tribunale può, in questa fase, adottare i provvedimenti necessari ed urgenti a tutela del coniuge debole e della prole.
Successivamente, il procedimento si svolge secondo le forme del rito ordinario e si conclude con una sentenza finalizzata a disciplinare i rapporti controversi tra marito e moglie.
È pure riconosciuta la possibilità di dichiarare immediatamente la separazione tra i coniugi, con sentenza non definitiva già in conseguenza alla prima udienza, in modo da poter poi proseguire il procedimento per decidere solo gli aspetti controversi. Ciò permette di poter richiedere il divorzio anche prima dell'emissione della sentenza definitiva.

In caso di separazione giudiziale è anche possibile richiedere
l'addebito della separazione, cioè l'accertamento che vi sia stata la violazione degli obblighi che discendono dal matrimonio (fedeltà, coabitazione, cura della prole, etc.) da parte di uno dei coniugi e che questa violazione abbia determinato la cessazione del rapporto. Nel caso in cui l'addebito sia riconosciuto dal giudice a carico di uno dei coniugi, questi non ha diritto ad ottenere l'assegno di mantenimento e perde la maggior parte dei diritti successori.

Le condizioni stabilite in sede di separazione giudiziale potranno comunque essere modificate o revocate qualora intervengano fatti nuovi che mutano la situazione di uno dei coniugi o il rapporto con i figli.

Una separazione giudiziale, anche in corso di causa, può essere trasformata in separazione consensuale. Mentre
la separazione consensuale non può trasformarsi in separazione giudiziale. Dunque nel caso in cui i coniugi innanzi il Presidente non dovessero confermare l’assenso alla separazione con le pattuizioni indicate in ricorso, è necessario instaurare un procedimento ex novo di separazione giudiziale.


Le questioni patrimoniali tra i coniugi in caso di separazione consensuale, sono regolate dall’accordo che verrà poi omologato dal Tribunale. Esse possono riguardare la divisione di beni comuni, l'assegnazione ad uno dei coniugi di beni di proprietà comune o esclusiva dell'altro coniuge, il riconoscimento di un assegno di mantenimento a favore del coniuge debole.
In caso di
separazione giudiziale invece si ha solo lo scioglimento dell'eventuale regime di comunione legale e tutti i beni restano di proprietà comune o esclusiva dei coniugi.
I beni acquistati antecedentemente alle nozze e quelli personali, così come indicati espressamente dalla legge (ad es. quelli indispensabili per l'attività lavorativa di uno dei coniugi, art. 179 c.c.), restano di esclusiva proprietà del coniuge intestatario.
Se al momento della celebrazione del matrimonio, o successivamente, è stato adottato il regime di separazione legale dei beni, i beni restano di proprietà esclusiva del coniuge intestatario.
In ogni caso sono fatti salvi tutti i provvedimenti indispensabili all'interesse della prole, quali ad esempio l'assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario, anche se non proprietario, o l'obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento per i figli o per il coniuge economicamente più debole.

A chi è separato spetta una parte della
pensione di reversibilità, poiché non è venuto meno giuridicamente lo status di coniuge.

Per ciò che riguarda i
diritti successori, il coniuge separato è equiparato a tutti gli effetti al coniuge non separato. In relazione all'eredità, continuerà quindi a godere della stessa posizione che rivestiva in presenza del vincolo matrimoniale, salvo il caso in cui al coniuge superstite sia stata addebitata la separazione.

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Mantenimento
Al momento della separazione, qualora uno dei due coniugi non abbia adeguati redditi propri e la separazione non sia a lui addebitabile, il giudice può stabilire che l'altro coniuge corrisponda un assegno di mantenimento (art. 156, 1°co. c.c.).
Valutate le circostanze caso per caso, l'assegno deve garantire a chi lo riceve di
godere dello stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, sempre che il coniuge obbligato si trovi effettivamente nella condizione economica di poterlo versare.
Il mantenimento nel caso di separazione è di regola corrisposto mensilmente. Il coniuge a cui spetta l'assegno può rinunciarvi.

In caso di inadempimento, su richiesta del beneficiario, potrà essere disposto il
sequestro di parte dei beni dell'obbligato, oppure potrà essere ordinato a terzi (es. al datore di lavoro del coniuge obbligato) il versamento della somma dovuta.
Il provvedimento con cui il Giudice dispone la corresponsione dell'assegno di mantenimento può in ogni tempo essere
modificato o revocato qualora vi siano giustificati motivi o intervengano fatti nuovi.

Il coniuge a cui è addebitata la separazione non ha diritto al mantenimento. Tuttavia, egli avrà comunque diritto agli
alimenti (che a differenza del mantenimento corrispondono ad una somma sufficiente a permettere la sussistenza) quando versi in uno stato di particolare indigenza e povertà (art. 156, 3° co. c.c.).


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Affidamento dei figli
L'affidamento dei figli in caso di separazione è oggi disciplinato dalle norme introdotte con la Legge n. 54 dell'8 febbraio 2006.
Il principio fondamentale è che, in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di
conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Pertanto, in sede di separazione e salvo diverso accordo tra i coniugi, il giudice deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori (
affidamento condiviso) oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati (affidamento esclusivo), sempre e comunque considerando l'esclusivo interesse della prole.
Il giudice determina inoltre i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione della prole.

Il coniuge affidatario in via esclusiva avrà la potestà sui figli oltre all'amministrazione e l'usufrutto legale sui loro beni.

Il genitore divorziato non affidatario conserverà l'obbligo (ma anche il diritto) di mantenere, istruire ed educare i figli, sarà, inoltre, tenuto a versare un
assegno di mantenimento per la prole.
L'assegno viene versato mensilmente e devono essere corrisposte anche le somme relative alle spese considerate straordinarie (ad es. quelle scolastiche, ricreative, mediche, sportive o per le vacanze). L'importo, per legge, deve essere rivalutato annualmente secondo gli indici ISTAT.
Il giudice può anche stabilire un assegno a favore dei figli maggiorenni, da versare a loro direttamente, quando non abbiano adeguati redditi propri.

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Casa familiare
A seguito di separazione, la casa familiare viene di regola assegnata dal giudice al coniuge affidatario dei figli, se ve ne sono, e comunque sempre valutando prioritariamente l'interesse della prole stessa. Questo principio trova ragione nella salvaguardia degli interessi superiori dei figli (art. 155-quater c.c.) e viene valutato prioritariamente anche rispetto agli interessi personali dei coniugi.

Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento del Giudice con cui viene disposta l'assegnazione della casa coniugale può essere trascritto ai sensi dell'art. 2643 c.c. al fine di renderlo opponibile a terzi (ad esempio, nel caso in cui il genitore non assegnatario venda a terzi l'abitazione di sua proprietà esclusiva, Corte Cost. sent. n. 54/1989).

Nel caso in cui
l'abitazione familiare sia in locazione, al conduttore succede per legge l'ex coniuge assegnatario.

Qualora
non vi siano figli, salvo diverso accordo, la casa familiare non può venire assegnata esclusivamente ad uno dei coniugi. In questo caso, se di proprietà comune, si potrà richiedere la divisione giudiziale dell'immobile, se di proprietà esclusiva, rientrerà nella sfera di disponibilità esclusiva del coniuge proprietario.

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